L’abuso di sostanze è presente in tutti i settori di tutte le società, determina una riduzione delle prestazioni scolastiche, lavorative, e un aumento degli incidenti, delle intossicazioni e compromissione della vita sociale. La tossicodipendenza è a tutti gli effetti un disturbo mentale ad eziologia complessa che sovente origina precocemente in età evolutiva. La manifestazione essenziale della Dipendenza è un gruppo di sintomi cognitivi, comportamentali e fisiologici specifici, il soggetto continua a far uso della sostanza nonostante la presenza di problemi significativi correlati ad essa. Vi è una modalità di autosomministrazione reiterata, che usualmente risulta in tolleranza, astinenza e comportamento compulsivo di assunzione.

La tolleranza (Criterio 1) corrisponde al bisogno di quantità notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione (o l’effetto desiderato), o a un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità. Il grado in cui si sviluppa la tolleranza varia grandemente fra le sostanze. I soggetti che fanno un uso pesante di oppiacei e stimolanti possono sviluppare notevoli (per es., 10 volte maggiori) livelli di tolleranza, spesso a un dosaggio che risulterebbe letale per un soggetto non consumatore. L’astinenza (Criterio 2a) è una modificazione patologica del comportamento, con eventi fisiologici e cognitivi concomitanti, che si verifica quando le concentrazioni ematiche o tissutali di una sostanza declinano in un soggetto che ha fatto un uso prolungato pesante della stessa. Dopo aver sviluppato spiacevoli sintomi di astinenza, la persona tende ad assumere la sostanza per attenuare o evitare quei sintomi.  I sintomi di astinenza variano grandemente fra le classi di sostanze e sono previsti distinti set di criteri per l’Astinenza per la maggior parte delle classi.

Né la tolleranza né l’astinenza sono necessarie o sufficienti per una diagnosi di Dipendenza da Sostanze. Certi soggetti (per es., quelli con Dipendenza da Cannabis) mostrano una modalità d’uso compulsivo senza alcun segno di tolleranza o di astinenza. Al contrario, certi pazienti chirurgici, che non presentano Dipendenza da Oppiacei, possono sviluppare nel decorso post-operatorio una tolleranza agli oppiacei prescritti e provare sintomi di astinenza senza mostrare alcun segno di uso compulsivo.

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Alcol

Nella maggior parte delle culture, l’alcool è il sedativo ad azione centrale più frequentemente usato, e una causa di considerevole morbilità e mortalità. Pressappoco il 90% dei soggetti adulti negli Stati Uniti, in certi periodi della loro vita, hanno avuto delle esperienze con alcool, e un numero consistente (60% dei maschi e 30% delle femmine) sono incorsi in uno o più eventi di vita avversi correlati all’alcool (per es., guida dopo aver assunto una quantità eccessiva di alcool, assenze scolastiche o lavorative conseguenti a effetti collaterali residui). Fortunatamente, la maggior parte dei soggetti impara da queste esperienze a moderare le proprie abitudini nel bere, e non sviluppa Dipendenza da Alcool o Abuso. La dipendenza fisica da alcool è indicata da prove evidenti di tolleranza o da sintomi di Astinenza. L’Astinenza Alcoolica è caratterizzata dallo sviluppo di sintomi astinenziali circa 12 ore dopo la riduzione della assunzione successiva a un periodo prolungato di ingestione pesante. Poiché l’Astinenza  può essere spiacevole e intensa, i soggetti con Dipendenza da Alcool possono continuare ad assumere alcool, nonostante le conseguenze avverse, spesso per evitare o per attenuare i sintomi di astinenza. Una volta sviluppata una modalità d’uso compulsiva, i soggetti con Dipendenza possono dedicare notevoli periodi di tempo a procurarsi e a consumare bevande alcooliche. Questi soggetti spesso continuano ad assumere alcool malgrado le prove di conseguenze psicologiche o fisiche avverse (per es., depressione, ” blackout”,epatopatia o altre sequele).

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GAP (Gioco d’Azzardo Patologico)

Il disturbo da gioco d’azzardo è attualmente considerato una forma di dipendenza comportamentale, l’unica inclusa tra i disturbi mentali nella quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – DSM-5 (APA, 2013)1. Esso si caratterizza per un persistente o ricorrente stile maladattivo e dannoso di gioco d’azzardo in cui il soggetto, avendo perso il controllo sul proprio comportamento, soffre per menomazioni o difficoltà clinicamente significativi. Al di là del comportamento stereotipato di gioco, la eterogeneità dei soggetti che richiedono un trattamento è una caratteristica clinica costante (Blaszczynski e Nower, 2007).

Il disturbo da gioco d’azzardo si associa a profonde disfunzioni di natura emotiva, cognitiva, relazionale e sociale; alcune di esse risultano preesistenti o legate a comorbilità psicopatologica, altre invece sono conseguenza dello sviluppo della dipendenza. Diversi elementi concorrono a determinare l’eterogeneità dei quadri clinici:

  1. differenze nei comportamenti di gioco, ma anche fattori personali, relazionali e sociali coesistenti, quali ad esempio l’età attuale e l’età di avvio del gioco d’azzardo, stato civile e storia affettiva, situazione lavorativa e reddito, presenza di figli, presenza e qualità della cerchia amicale e vita sociale, problemi legali pregressi e attuali, eccetera.
  2. I giocatori d’azzardo mostrano differenti profili nelle motivazioni che li spingono a giocare nonostante la continua emorragia economica (Binde, 2013): tali motivazioni sono in relazione ad aspetti personali e relazionali, e alle dimensioni cognitivo- affettive che vengono stimolate dal gioco, in primo luogo l’eccitamento e la stimolazione psicofisica, l’evitamento di stati d’animo negativi (ad esempio ansia, depressione, senso di vuoto) ed infine la dimensione agonistico-narcisista.
  3. Altri fattori personali appaiono importanti: fattori temperamentali quali ad esempio l’impulsività e l’estroversione, oppure una storia evolutiva contrassegnata da abusi ed esperienze traumatiche, o infine la presenza di psicopatologia primaria, deficit intellettivi o disabilità sociali e carenze nelle life skills.
  4. Molti dei fattori citati concorrono infine a determinare le differenze di genere osservate da diversi Autori (Mark e Lesieur, 1992; Bellio e Fiorin, 2009; Prever, 2014).Nonostante quindi l’eterogeneità sia una caratteristica fondamentale delle condizioni di disturbo da gioco d’azzardo, le principali linee guida non definiscono precorsi terapeutici distinti per tipologia di giocatore; nel migliore dei casi si tiene conto della età, sesso, presenza di comorbilità psichiatrica, tuttavia non sono disponibili evidenze volte a differenziare i trattamenti sulla base di specifiche tipologie (cfr. ad esempio PGRTC, 2011). Inoltre, sebbene negli anni siano state proposte varie classificazioni, nessuna ha finora acquisito un definitivo supporto dalle ricerche.

Di seguito risorsa sul GAP. Rapporti-ISTISAN

 

 

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